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Allan Kiviaho <[log in to unmask]>
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Wed, 5 Sep 2007 13:54:57 +0300
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d[070905] x[Kiviaho Allan] z[KivA-G95pb]
s[UN LINGUA PRO EUROPA. Un traduction importante]

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************************************
euro<P>ia - EUROpa Parla InterlinguA
************************************

Estimate interlinguerrillos, particularmente illes
italo-, espaniol- e portugesephone!

Un cognite professor del lingua e cultura italian ha
publicate un articulo interessante in le sequente
medio:

http://it.novopress.info/?p=8253
EURASIA - Rivista di studi Geopolitici
L’Agenda di Eurasia
Dossario Europa
Una lingua per l’Europa (Luigi De Anna)

Io pensa que il es importante a traducer lo in
interlingua.

Benque io non ha studiate linguas romance, io crede
que io poterea traducer lo sin extreme pena sed
ME MANCA TEMPORE. Nostre dies se passa in guardante
nostre quatro graninfantes (etates de 1 a 6 annos, e
le cinqueme es veniente ...) - e jocante chacos in le
Liga finlandese e in nostre club (121 annos de
etate!). E tosto nos va viagiar a nostre cabina
finspetimane in foreste e post illo a Turchia pro un
vacation de duo septimanas.

Io esserea multo grate si le interlinguistas, io
intende le ver interlinguerrillos, qui lege
legiermente italiano, vaderea traducer le texto in infra in
interlingua. Il esserea bon exercitio, nonne?
Io va publicar le nomines de traductores (in caso
illes lo non prohibi).

Le partes inter / / / /
..............  \ \ \ \
son minus urgente.

UNA LINGUA PER L'EUROPA

Uno dei principali problemi dell'integrazione europea è quello
linguistico. Con l'ingresso degli ultimi paesi nell'Unione, si
è oramai passata la barriera delle venti lingue ufficiali,
ritenuta un limite invalicabile. È infatti comprensibile come,
stando la prassi attuale, tradurre ed interpretare documenti e
interventi in una quantità cosi alta di lingue diventi non sola
operazione molto costosa, ma anche poco pratica.

D'altra parte, uno del pilastri dell'Europa Unita, cosi come è
stata concepita, e proprio il principio che ogni lingua
nazionale debba essere considerata al pari delle altre del
continente, e questo per confermare l'esigenza di eguaglianza
tra i paesi membri. Per sovvenire ai problemi pratici, ed
economici, che la traduzione ed interpretazione comporta, si e
introdotto a diversi livelli il concetto di "lingua di lavoro".
Si tratta di limitare traduzione ed interpretazione alle
cosiddette lingue maggiori, e cioè l'inglese, il francese e il
tedesco.

La sempre crescente diffusione di questa pratica limitante,
sostanzialmente contraria alla spirito originario della
Comunità Europea, provocò un paio di anni fa le vivaci proteste
del governo italiano, che, una volta tanto senza farsi servo di
esigenze d'Oltreoceano o d'Oltremanica, ribadi il principio
della presenza delle altre lingue.

In realtà si trattava di una difesa nazionalistica
dell'italiano, e non di un rilancio della molteplicità
culturale e linguistica del nostro continente, ma in ogni casa
la protesta servi a far dibattere appunto il tema del
pluralismo linguistico. A questo proposito sarebbe del resto
utile verificare che casa si debba effettivamente intendere con
la defmizione di "lingue maggiori".

Se il principio è quello del numero di parlanti, l'inglese non
dovrebbe essere collocato al primo pasta, mentre se si fa
riferimento alla diffusione mondiale, indubbiamente l'inglese è
dominante. Se invece si tratta di una scelta basata su una
tradizione culturale e non sola linguistica, l'italiano e lo
spagnolo affiancano il francese. Questo concetto è comunque
artificiale e si basa su una forma di "imperialismo"
linguistico che l'Europa di oggi non dovrebbe più accettare.

Resta il problema di come si possa gestire un'Europa
linguisticamente cosi frammentata. Un aiuto dovrebbe venire
dallo sviluppo dell'insegnamento scolastico. Ci sono ancora
troppo paesi, come il nostro, dove le lingue straniere sono
insegnate sei lingue straniere, il che non solo permette di
allargare la rosa delle lingue di comunicazione al di la delle
tre tradizionali, ma introduce nei giovani, e poi negli adulti,
la capacità, o meglio la mentalità plurilingue.

In Italia, in Francia, in Spagna, in Inghilterra invece domina
ancora quella monolingue, e cioè il concetto limitante che "la
mia lingua è la più importante", che siano gli altri insomma ad
impararla. A scuola dunque non solo bisognerebbe studiare le
lingue tradizionalmente ritenute essere di comunicazione, ma
anche quelle di importanza areale.

In altre parole, per un finlandese ad esempio è importante
imparare lo svedese, non solo perché seconda lingua nazionale,
anche se diffusa solo in certe aree, ma anche perché permette
di comunicare con danesi e norvegesi, ma anche il russo, data
la vicinanza geografica con la Russia e i paesi baltici dave
vivono consistenti minoranze russofone.

Questo concetto "areale" non coincide con la definizione di
"nazionale". Infatti, per passare all'esempio italiano, lo
sloveno non ha una rilevanza per tutto il territorio, ma solo
per le province confinanti con la Slovenia. Andrebbe quindi
introdotto nelle scuole di Friuli, Venezia Giulia e Veneto, ma
non in quelle di Puglia o Sicilia, dove invece il greco e
l'albanese sarebbero più utili. Naturalmente qualcuno
obietterà che non si può mettere sulla stesso piano italiano e
sloveno, ma è proprio questa mentalità di "primato" che va
combattuta.

Come ogni popolo d'Europa è pari in dignita ed importanza
agli altri del continente, cosi deve essere per le lingue che
parlano. Naturalmente ci rendiamo conto che per un italiano,
che stenta a parlare l'inglese, apprendere lo sloveno o il
croato sia impresa alquanto ardua, ma in realtà non si tratta
di un fatto puramente linguistico (nessuna lingua è facile o
difficile), ma piuttosto psicologico e culturale.

Ma non ci sarebbe una soluzione più semplice? Non è possibile
trovare una sola lingua comune? La scorciatoia più a portata di
mano sarebbe di generalizzare l'uso dell'inglese, ma questa
scelta contraddirebbe proprio quanto fino ad ora esposto. Non
solo sarebbe la conferma che esistono lingue "migliori" delle
altre, ma soprattutto legherebbe, condizionandola, l'Europa
Unita di oggi e quella, speriamo politicamente migliore, di
domani. Una lingua non è maj un veicolo puro e semplice di
comunicazione. Esprime un modo di concepire la società, si fa
interprete di valori e sentimenti tipici della cultura che in
essa si riflette.

Pur essendo l'inglese lingua ufficiale o semiufficiale di molti
paesi, è evidente che esso e oggi lo strumento di diffusione
della cultura, economia e soprattutto dell'egemonia
statunitense. Non si tratta insomma dell'inglese oxfordiano, ma
  dell'americano, che già in molti aspetti lessicali e
fonologici si distingue dall'inglese d'Inghilterra. Scegliere
l'inglese come lingua unica sarebbe porre l'Europa
permanentemente sotto l'egida della superpotenza, e le
conseguenze politiche, oltre che psicologiche, di questa
scelta sano evidenti.

Se scartiamo questa scelta dell'inglese, esistono alternative?
Fermo restando che a nostro parere la soluzione migliore è
proprio quella del plurilinguismo mantenuto a tutti i livelli,
costi quello che costi, in effetti altre strade sono state
provate, ricorrendo alle lingue cosiddette artificiali, o
pseudo-lingue, e cioè a linguaggi "inventati", o meglio
ricreati sulla base di lingue esistenti.

/ / / / / / / / / / ab isto minus urgente / / / / / / / / / /
In età moderna il primo tentativo importante è quello fato nel
1879-1880 da J.M. Schleyer, pastore protestante tedesco,
inventore della Volapük (vola = ing. world, pük = ing. speak),
che ha ancora oggi alcui aficionados. Eccone un esempio tratto
dal "Pater noster: "O Fat obas, kel binol i sûs, paisaludomöz
nem ola. Kömomöd monargän ola".

L'esempio più noto di lingue artificiale è quello
dell'esperanto, che ha
i suoi cultori in molti paesi. Di esso
si cominci a parlare nel 1887 grazie al suo inventore, un
oculista lituano-polacco, LL Zamenhof. La prima novità era la
coincidenza tra grafema e fonema, il che la rendeva molto più
semplice da scrivere, ad esempio, dell'inglese e del francese.
Il 90% del suo lessico di origine greco- latina, ma anche altre
lingue contribuiscono a completarlo. La struttur è di tipo
indoeuropeo e relativamente semplice; i casi grammaticali sono
il nominativo e l'accusativo. Si usano preposizioni, prefissi e
suffissi. I sostantivi terminano in -o gli aggettivi in -a e
gli avverbi in -e. Nel 1908 venne fondata la Universala
Esperanto Asocio (UEA).

L'esperanto subi, nel corso degli anni, ulteriori modificazioni
miglioramenti. Tra queste varianti ricordiamo la lingua Ido
(Filgio dell'esperanto), creata nel 1928 dal linguista danese
Otto Jespersen ("Patro nia, qua esas en in le, tua nomo
santigesez, ta regno advenez"). Nel 1954 la UEA venne convocat
dall'UNESCO per consultazioni, ma l'esperanto non diventò la
lingua d'uso dell Comunità Europea, pur essendo stata appresa
nel corso degli anni da più di un milion di persone. La
principale obiezione riguardo l'esperanto è che questa lingua
non ha una cultura propria, anche se esitono, oltre a
traduzioni, testi scritti direttamente in esperanto. Eccone un
esempio, tratto sempre dal Pater noster: Patro nia, kiu estas
en la cxielo, sankta estu via nomo, venu regeco via".

Un'altra categoria di lingue artificiali e quella cosiddetta
delle lingue naturalistiche basate su lingue già esistenti, che
vengono semplificate. Uno degli esempi più noti quello del
Latino sine flexione, creato Del 1903 da Giuseppe Peano, un
matematico italiano che aveva semplificato la grammatica
latina ("Patre nostro, qui es in celos, que tu nomine fi
sanctificato; que tuo regno adveni").

Meno nota è l'altra lingua nata con lo stesso scopo
dell'esperanto, l'interlingua. Una caratteristica di essa è la
sua vicinanza all'italiano, che la rende facilmente
comprensibile; eccone un esempio: "In le communication inter
nationes on besonia un lingua commun [...]. Un nation que pote
usar su proprie lingua ha un avantage immoderate si comparate
con le nationes que debe parlar un lingua estranier" [1].

Sembra di essere tornati alla logica del latino maccheronico di
Teofil Folengo, con la commistione di lemmi presi da varie
lingue, uniti ad altri creati e novo.

Il principio fondamentale dell'interlingua è che in essa
vengono accettate paroli che si trovano in almeno tre delle
quattro lingue di controllo, e cioè italiano, spagnol e
portoghese, francese e inglese, con tedesco e russo come
riserva nel caso di uguaglianza nelle occorrenze. La grammatica
è una razionalizzazione ibrida delle quattro lingue
suaccennate.

Il suo creatore è Edgar de Wahl (1867-1948), ucraino di
genitori tedescho che aveva studiato a San Pietroburgo ed era
entrato a far parte della marina imperial nel 1892,
partecipando alla prima guerra mondiale. Si stabilirà poi in
Estonia. L'interlingua vuole evitare l'errore compiuto
dall'esperanto, lingua a tutti gli effeti troppo artificiale.
Nel l922 de Wahl pubblicava Occidental, poi divenuto
Interlingue, da cui si sarebbe sviluppata la Interlingua tra
il 1924 e il 1951.

A volte le lingue artificiali sembrano essere ull
divertissement dei linguisti; si veda ad esempio il caso della
Glosa di W Ashby e R. Clark, creata nel 198l, che usa parole
del greco classico e del latino, ma inserite in un sistema
grammaticale simile a quello del cinese mandarino e del malay
("Na parenta in Urani; na volu; Tu nima gene revero. Tu krati
veni").

Esempio più recente di questo tipo di lingua autoironica è
quello dell'europanto, creato dal traduttore dell'UE Diego
Marani.
\ \ \ \ \ \ \ \ \ \ a isto minus urgente / / / / / / / / / /

Per terminare, sarà opportuno menzionare il ruolo del latino.
Innanzitutto è necessario dire che non si tratta affatto di una
lingua morta, e a confermarlo basta ricordare come essa viva
nei documenti vaticani, abbia un lessico moderno aggiornato
proprio in funzione della necessità di esprimere nei documenti
papali opinioni riguardanti il mondo di oggi.

Nella primavera del 2006 è stato pubblicato in Finlandia un
dizionario di latino moderno a cura di due studiosi, Tuomo
Pekkanen e Reijo Pitkäranta [2], animatori di una iniziativa
multo interessante, il radiogiornale in lingua latina trasmesso
da Helsinki, Nuntii latini. Questa trasmissione settimanale,
che riporta i fatti di cronaca, oltre talora a quelli sportivi
e alle previsioni del tempo, ebbe inizio ill settembre del
1989, unica emissione in lingua latina al mondo, che ha oggi
circa dieci milioni di ascoltatori (due volte la popolazione
della Finlandia). Sempre in Finlandia si possono ascoltare le
canzoni di Elvis Presley cantate in latino da Jukka Ammondt,
docente di letteratura all'università di Jyväskylä, che ci
delizia con Tenere me ama (Love Me Tender), ma anche con il
tango, cantato sempre in latino.

Insomma, resta confermato che omnia dici possunt latine e,
basandoci su questi dizionari del latino moderno, potremo senza
problemi trattare del Bellum Iraquium e degli improvvidi
Generales statunitensi che comandano protetti dalle loro cellae
loricatae, facendo strage di iracheni con le loro ignivomae
manuballistae. Il latino, che era stato messo in soffitta dai
modernisti con Concilio Vaticano II e che sta per fortuna
riapparendo nella liturgia grazie a Benedetto XVI, potrebbe
insomma tornare ad essere lingua franca dell'Europa.

Per chi invece resta legato a miti pagani, Don c'è che da
ricorrere alle lingue degli Elfi, il Quenya e il Sindarin,
create da J.R.R. Tolkien. Anche a noi, in effetti, non
dispiacerebbe leggere un discorso di un rappresentante NATO in
una di queste lingue. O sarebbe invece più appropriato il
Black Speach degli Orchi?

- - -

[1] Estratto da Allan Kiviaho, Interlingua, "Settentrione", 14,
Turku 2002, p. 190, da cui sono tratti anche gli esempi nelle
altre lingue artificiali qui riportati.

[2] T. Pekkanen-R. Pitkäranta, Nykylatinan sanakirja,
Suomalaisen Kirjallisuuden Seura, Helsinki 2006. Contiene eirea
20.000 lemmi, riferiti non solo ai eampi semantici tradizionali
del latino classieo, ma anche all'attualità, alla politica e
allo sport. Tuomo Pekkanen, già professore di latino
all'università di Jyväskylä, fa parte del comitato di redazione
del dizionario del latino moderno ...

Salutante

Allan Kiviaho

- - -

P.S.
Forsan il esserea rational, si le traductores
informarea per INTERLNG[AT]LISTSERV.ICORS.ORG que
partes illes va traducer, - pro evitar laboro
superponite.

Allan II le Ultime

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